Negli ultimi anni si è assistito ad un radicale cambiamento nel trattamento delle neoplasie renali, soprattutto in considerazione del fatto che l’introduzione dell’immunoterapia ha profondamente modificato la storia naturale di questa neoplasia. A spiegare il concetto è il dottor Giuseppe Fornarini, medico oncologo al policlinico San Martino di Genova.
– Quali sono le novità nella terapia dei carcinomi renale e uroteliale?
“L’utilizzo di combinazioni immunoterapiche – esordisce – come l’ipilimumab associato al nivolumab, o di combinazioni di immunoterapia associata agli inibitori delle tirosin kinasi (TKI) (pembrolizumab + axitinib, pembrolizuamb + lenvatinib o nivolumab + cabozantinib) ha significatamente incrementato la sopravvivenza dei pazienti affetti da neoplasia renale metastatica. Un dato recente riguarda il trattamento con immunoterapia nel setting adiuvante cioè nei pazienti sottoposti alla rimozione del tumore renale ma con caratteristiche tali da rendere alta la probabilità di ricaduta: in questo caso l’uso di un immunoterapico, il pembrolizuamb, ha ridotto il rischio che la malattia possa ripresentarsi, offrendo una chance di guarigione maggiore. Nel carcinoma uroteliale si è assistito ad un risultato addirittura epocale. Sono stati infatti presentati i dati dello studio EV302 che ha confrontato nei pazienti affetti da carcinoma uroteliale metastatico (vescica ed alte vie escretrici) il trattamento standard – comprendente l’associazione di chemioterapia con derivati del platino in associazione alla gemcitabina – con il trattamento rappresentato dall’uso di un immunoterapico (il pembrolizumab) e di un farmaco di nuova concezione (Enfortumab, farmaco immuno-coniugato, costituito dal legame di un antiblastico trasportato da un anticorpo, quest’ultimo in grado di legarsi con un recettore presente sulle cellule neoplastiche uroteliali e di permetterei il rilascio in modo mirato dell’antitumorale). Il risultato del confronto, presentato al recente congresso ESMO di Madrid, ha mostrato un aumento della sopravvivenza mediana dei pazienti trattati nel braccio sperimentale con circa 31,5 mesi verso i 16,1 mesi dei pazienti trattati nel braccio standard ed una percentuale di risposta del tumore al trattamento vicina al 70%. Possiamo definire questo risultato il cornerstone per i futuri studi nel carcinoma uroteliale. Siamo in attesa che gli enti regolatori registrino e rimborsino la combinazione – che, in questo momento, è studiata in un setting molto precoce, cioè nei pazienti con malattia localizzata, prima dell’intervento chirurgico di cistectomia – per verificare se questo approccio possa offrire gli stessi risultati raggiunti nel gruppo di pazienti metastatici”.

Powels T, et Al Enfortumab Vedotin anche Pembrolizumab in untreated andvanced urothelial cancer, EV 302 trial investigators N. Engl J Med, 2024 390 (10): 875888