Negli ultimi anni sempre più studi osservazionali hanno mostrato come livelli più elevati di attività fisica (physical activity: PA), oltre a una migliore qualità della dieta, sono associati a una minore mortalità per cancro mammario e per i tumori in generale [1, 2, 3]. Sebbene la solida letteratura emergente sul tema, e nonostante il dato della inferiore mortalità globale sia di indubbia importanza, finora non era mai stata approfondita una relazione dettagliata tra la PA e un migliore intervallo libero da recidive a distanza, le cui metastasi sono responsabili nella maggior parte dei casi delle morti cancro-specifiche per tumore mammario.

Il lavoro di Soldato et al. (2024) presenta risultati importanti riguardo l’impatto dell’esercizio fisico sul rischio di recidiva a distanza nelle pazienti con tumore alla mammella. Questo studio di coorte prospettico multicentrico, che ha coinvolto 10.359 pazienti di 26 centri in Francia, fornisce una solida analisi di come l’esercizio fisico post-diagnosi influenzi gli esiti della malattia, concentrandosi in particolare sulla relazione dose-risposta.

L’obiettivo primario dello studio era esplorare l’associazione tra i livelli di esercizio fisico e l’intervallo libero da recidiva a distanza (distant recurrence-free interval: DRFI) nelle pazienti con diagnosi di tumore al seno primario. Gli autori hanno utilizzato i dati dello studio CANcer TOxicities (CANTO), valutando l’esposizione all’esercizio fisico attraverso il Global Physical Activity Questionnaire-16, quantificato in equivalente metabolico di ore di attività a settimana (metabolic equivalent of task-hours per week: MET-h/wk). Questo approccio metodologico è lodevole, in quanto consente una valutazione standardizzata dell’attività fisica, fondamentale per trarre conclusioni significative sui suoi effetti sulla recidiva del cancro mammario.

Uno dei risultati più significativi è la relazione non lineare osservata tra attività fisica e recidiva a distanza. I risultati indicano che l’impegno in almeno 5 MET-h/wk di esercizio fisico, equivalente a circa 90 minuti di esercizio moderato a settimana, è associato a una riduzione statisticamente significativa delle riprese di malattia a distanza, con un hazard ratio di 0,82 rispetto a livelli di attività inferiori. È interessante notare che lo studio ha rilevato che l’aumento dell’esercizio oltre i 25 MET-h/wk, equivalenti a circa 5 ore di esercizio moderato a settimana, non ha prodotto ulteriori benefici, suggerendo che potrebbe esistere un intervallo ottimale per l’esercizio che massimizza gli effetti protettivi contro le recidive. Questo dato mette in discussione le precedenti ipotesi secondo cui una maggiore attività fisica è sempre correlata a risultati migliori e sottolinea la necessità di raccomandazioni personalizzate basate sulla forma fisica del singolo paziente.

Inoltre, la stratificazione per sottotipo di tumore ha rivelato che i sottotipi negativi ai recettori ormonali hanno mostrato una risposta più pronunciata all’esercizio fisico. In particolare, gli hazard ratio per i sottotipi HR-/HER2- e HR-/HER2+ erano significativamente più bassi (0,59 e 0,37, rispettivamente), indicando che questi gruppi possono beneficiare maggiormente degli interventi di attività fisica dopo la diagnosi. Tuttavia, alcune analisi sono state limitate dal basso numero di eventi di recidiva e dal breve follow-up (periodo di controllo mediano di 3,2 anni), soprattutto per la malattia con recettori ormonali+/HER2-, per la quale si osservano recidive fino a 20 anni dopo la diagnosi.

Gli autori hanno anche notato che le donne in pre-menopausa sembravano ottenere benefici più significativi dall’esercizio fisico rispetto alle donne in post-menopausa. Questo risultato è in linea con la letteratura esistente, che suggerisce che i fattori ormonali possono influenzare il modo in cui l’attività motoria  influisce sulla biologia del cancro e sul rischio di recidiva. Identificando i fattori demografici e biologici che modulano l’efficacia dell’esercizio fisico, questo lavoro di Soldato et al. fornisce importanti spunti di riflessione per lo sviluppo di interventi mirati che i pazienti possono svolgere con ruolo attivo, e che possono migliorare i risultati di sopravvivenza delle pazienti affette da cancro al seno.

In termini di metodologia, l’uso della ponderazione del trattamento a probabilità inversa per aggiustare le variabili confondenti rafforza la validità dei risultati. Tuttavia, pur nella sua completezza, lo studio trarrebbe beneficio da un’ulteriore esplorazione dei potenziali meccanismi alla base delle relazioni osservate tra esercizio fisico e rischio di recidiva. Per esempio, capire come la PA influenzi la biologia del tumore a livello molecolare potrebbe fornire indicazioni preziose sul suo ruolo come terapia aggiuntiva.

In conclusione, questa ricerca scientifica contribuisce in modo significativo alla comprensione dei fattori legati allo stile di vita nella gestione del tumore al seno. I risultati sono a favore dell’integrazione di programmi strutturati di esercizio fisico nei piani di cura post-diagnosi, in concomitanza e/o in maniera sequenziale rispetto alle terapie oncologiche adiuvanti, soprattutto per le pazienti con sottotipi tumorali specifici e in pre-menopausa. Ulteriori studi clinici dovrebbero continuare a esplorare queste relazioni, portando potenzialmente a linee guida cliniche perfezionate che incorporino l’esercizio fisico come componente fondamentale delle strategie di trattamento del carcinoma mammario.

I risultati dello studio di Soldato D et AL. sono coerenti con la letteratura scientifica emergente, che mette in relazione i cambiamenti dello stile di vita dei pazienti con migliori outcome in ambito oncologico. Proprio per quanto riguarda il tumore al seno, nello specifico, particolare rilevanza può essere attribuita anche alla sinergia tra attività motoria e fattori nutrizionali, con diete “low carb” e prevalentemente plant-based (ricche di fibre vegetali), nonché povere di alimenti industrialmente processati. Nello studio randomizzato LEANer, ad esempio, quanto queste variabili legati a una maggiore attività motoria e migliore qualità della dieta coesistono, è risultato persino un maggiore tasso di risposta patologica completa se in concomitanza con il trattamento standard neoadiuvante (nel 53% dei casi versus il 28% del braccio di controllo senza modifiche allo stile di vita; P = 0.037) [4].

Le pazienti partecipanti, oltre a essere seguite da dietologi professionisti, iniziavano in corso di trattamento neoadiuvante uno schema di esercizi fisici. Il programma di attività fisica veniva spiegato attraverso sessioni di consulenza, compreso un programma di allenamento progressivo della forza. Particolare enfasi è stata attribuita alla camminata veloce e sul raggiungimento di un obiettivo di ≥150 minuti/settimana a intensità da moderata a vigorosa, o di 75 minuti/settimana a intensità vigorosa e di allenamento della resistenza due volte a settimana.

Rientriamo perciò, anche in questo caso, nei livelli di attività fisica pari a MET-h/wk ≥ 5, svolti dal gruppo di pazienti che nello studio di Soldato et al. ha ottenuto beneficio sulla riduzione del rischio di recidiva mammaria a distanza.

Le stesse recenti linee guida dell’ASCO [5] raccomandano l’esercizio fisico anche durante il trattamento oncologico attivo, sulla base dell’evidenza che l’esercizio mantiene o migliora la prestanza cardio-respiratoria, aumentando la forza e riducendo la fatica e altri sintomi riferiti dai pazienti. Auspicabilmente, molto presto si potrà annoverare tra le motivazioni anche la stessa sinergia terapeutica con i trattamenti farmacologici.

In maniera analoga, grazie ai risultati specifici ottenuti nello studio di Soldato et al. e in futuro ampliando il prospetto delle evidenze, tutte le linee guida internazionali potranno includere le raccomandazioni all’esercizio fisico anche in termini di prevenzione della recidiva da tumore primitivo mammario.

[1] Neilson HK, Farris MS, Stone CR, et al.: Moderate-vigorous recreational physical activity and breast cancer risk, stratified by menopause status: A systematic review and meta-analysis. Menopause 24:322-344, 2017 [PubMed] [Google Scholar] [Ref list]

[2] Chlebowski R, Aragaki A, Anderson G, et al.: Dietary modification and breast cancer mortality: Long-term follow-up of the Women’s Health Initiative randomized trial. J Clin Oncol 38:1419-1428, 2020 [PMC free article] [PubMed] [Google Scholar] [Ref list]

[3] Baudry J, Assmann KE, Touvier M, Allès B, Seconda L, Latino-Martel P, Ezzedine K, Galan P, Hercberg S, Lairon D, Kesse-Guyot E. Association of Frequency of Organic Food Consumption With Cancer Risk: Findings From the NutriNet-Santé Prospective Cohort Study. JAMA Intern Med. 2018 Dec 1;178(12):1597-1606. doi: 10.1001/jamainternmed.2018.4357. Erratum in: JAMA Intern Med. 2018 Dec 1;178(12):1732. doi: 10.1001/jamainternmed.2018.6902. PMID: 30422212; PMCID: PMC6583612.

[4] Sanft T, Harrigan M, McGowan C, Cartmel B, Zupa M, Li FY, Ferrucci LM, Puklin L, Cao A, Nguyen TH, Neuhouser ML, Hershman DL, Basen-Engquist K, Jones BA, Knobf T, Chagpar AB, Silber A, Tanasijevic A, Ligibel JA, Irwin ML. Randomized Trial of Exercise and Nutrition on Chemotherapy Completion and Pathologic Complete Response in Women With Breast Cancer: The Lifestyle, Exercise, and Nutrition Early After Diagnosis Study. J Clin Oncol. 2023 Dec 1;41(34):5285-5295. doi: 10.1200/JCO.23.00871. Epub 2023 Sep 1. PMID: 37656930; PMCID: PMC10691793.

[5] Ligibel JA, Bohlke K, May AM, et al.: Exercise, diet and weight management during cancer treatment: ASCO Guideline. J Clin Oncol 49:2491-2507, 2022 [PubMed] [Google Scholar] [Ref list]